Banca Italo-Cinese Sino – Italian Bank – Tientsin

Costituzione: 1921

Codice ISMIN: 35320

Il credito Italiano in estremo oriente. Dopo la prima tragica guerra sino-giapponese combattuta tra il 1894 e il 1895, la Cina fu costretta ad accettare nel suo territorio la presenza militare di delegazioni straniere, compresa quella italiana. Qualche anno dopo, nel 1900, in seguito alla fallita rivolta dei Boxer, le delegazioni straniere rafforzarono la propria presenza, insediandosi permanentemente in varie città costiere cinesi. Anche l’Italia chiese una concessione territoriale ma la sua richiesta non fu accolta. Un paio di anni più tardi, nel 1902, fu concesso alla delegazione italiana mezzo chilometro quadrato nell’area portuale di Tientsin - oggi nota come Tianjin ovvero porta celeste - con una banchina lungo il fiume Pei-ho, come Amministrazione Spe... Altro

ISMIN Immagine Provincia Emissione Taglio Rarità Valore
A-35320Banca Italo-Cinese Sino – Italian Bank – Tientsin-1Cina1921Azione nominativa cumulativa da $ cinesi 10R7 (26-50 pezzi)S6 (da 501 a 1.000 €)
B-35320Banca Italo-Cinese Sino – Italian Bank – Tientsin-2Shanghai 1923Certificato nominativo di depositoR7 (26-50 pezzi)S6 (da 501 a 1.000 €)

Il credito Italiano in estremo oriente. Dopo la prima tragica guerra sino-giapponese combattuta tra il 1894 e il 1895, la Cina fu costretta ad accettare nel suo territorio la presenza militare di delegazioni straniere, compresa quella italiana. Qualche anno dopo, nel 1900, in seguito alla fallita rivolta dei Boxer, le delegazioni straniere rafforzarono la propria presenza, insediandosi permanentemente in varie città costiere cinesi. Anche l’Italia chiese una concessione territoriale ma la sua richiesta non fu accolta. Un paio di anni più tardi, nel 1902, fu concesso alla delegazione italiana mezzo chilometro quadrato nell’area portuale di Tientsin – oggi nota come Tianjin ovvero porta celeste – con una banchina lungo il fiume Pei-ho, come Amministrazione Speciale. L’insediamento sembrava un vero e proprio centro residenziale costituito da case con giardino, strade lineari, piazze con monumenti, la chiesa, il municipio e la caserma. Lo sviluppo di nuove relazioni commerciali e finanziarie tra Italia e Cina prese avvio proprio dalla presenza di tali insediamenti e di navi italiane.

Dopo la fine della prima guerra mondiale, il Credito Italiano volle seguire le orme delle compagnie commerciali delle Indie, britannica e olandese. Vennero così fondate due compagnie commerciali: la AGEO per l’Oceano Indiano e la CIDEO per l’Estremo Oriente. Successivamente, nel 1920, sempre per iniziativa del Credito Italiano e di gruppi finanziari cinesi, fu costituita la Sino Italian Bank.

Qualche anno dopo, nel 1924, l’istituto divenne interamente di proprietà del Credito Italiano e adottò una nuova ragione sociale: Banca Italiana per la Cina o Italian Bank of China con sede a Shanghai e filiale a Tientsin. Nei primi due decenni del XX secolo la presenza italiana in Cina aumentò considerevolmente tramite imprese commerciali e finanziarie (tra cui l’Italian Trading Company, la Società Bancaria Manzi e la Società Bancaria Milanese) e grazie a lavoratori impiegati nella costruzione di strade e ferrovie, marinai e uomini d’affari.

La Banca Italiana per la Cina operava soprattutto nel finanziamento di attività di import-export con le relative operazioni di cambio, oltre ad espletare le ordinarie attività bancarie come l’erogazione di crediti nella valuta locale. Si utilizzava l’inglese come lingua di lavoro per le transazioni, anche se tutti i documenti ufficiali erano scritti con gli ideogrammi cinesi. Il personale dell’istituto di credito era composto in maggioranza da cinesi con un alto livello culturale e un’eccezionale preparazione professionale. Vennero mantenute molte abitudini locali come gli abiti tradizionali del personale, il cibo cinese accompagnato da abbondanti razioni di tè, l’abaco per il calcolo e il pennello per scrivere. Vi era anche una figura particolare: il “compradore”, una specie di appaltatore di servizi per le imprese europee che si trasferivano là. In tale caso specifico il “compradore”, dopo il deposito di una cauzione, si preoccupava di garantire l’ingaggio e la produttività del personale locale e gestiva la cassa soltanto con una funzione di controllo. Era anche l’interprete ufficiale, ruolo estremamente importante e delicato, la cui firma, sostituita da un timbro speciale noto come “chop”, autenticava tutti i documenti, assegni compresi. Inoltre la Banca Italiana per la Cina sperimentò i primi accrediti su conto corrente degli stipendi dei dipendenti europei. Nello stesso periodo vennero lanciate altre imprese economiche come la Banca Commerciale e Industriale per l’Estremo Oriente e una compagnia italiana per la promozione dei prodotti nazionali in Cina. All’epoca l’Italia esportava verso il paese asiatico soprattutto manufatti, tessuti di lana e fibre artificiali, mentre importava semi oleosi, seta grezza o shantung e cascami di seta, nonostante i collegamenti tra i due paesi fossero limitati ad uno scalo mensile del Lloyd Triestino.

Durante la seconda guerra mondiale, tutte le filiali della banca vennero chiuse e i dipendenti italiani reclusi in campi di prigionia. Dopo la fine del conflitto, l’istituto si trovò a fronteggiare una situazione molto difficile con vari problemi, dal recupero del patrimonio al rilancio delle proprie attività fino alla ricerca di una nuova visibilità. La sede legale fu trasferita da Shanghai a Vaduz, capitale del Liechtenstein, per tutelare i beni della banca da qualsiasi rivendicazione politica e per trasformare la società senza lasciare una parte del capitale in Cina per motivi fiscali. Infine, nel 1950, il Consiglio di amministrazione decise l’ampliamento degli obiettivi sociali alle attività finanziarie e la modifica della ragione sociale in SINIT – Società per Iniziative Finanziarie, Bancarie e Commerciali. Così si concluse l’originale esperienza bancaria italiana in Cina alla soglia di una nuova era finanziaria.