F.A.R.E.T. – Fabbrica Apparecchi Radio e Televisione Voxson

Costituzione: 10 dicembre 1951

Nazione: Italia

Pagina libro: 1079

Codice ISMIN: 13543

Voxson è un marchio di prodotti elettronici e - con il nome Voxson Europa - un'azienda di produzioni televisive. Dal 1952 agli anni novanta è stata un'azienda italiana del settore dell'elettronica di consumo, in particolare di apparecchi televisivi. Nel secondo dopoguerra fino alla fine degli anni settanta, è stata fra le maggiori aziende a livello nazionale ed europeo nella produzione di apparecchi radiofonici e televisivi

Fu fondata nel 1952 a Roma dall'ingegner Arnaldo Piccinini con la denominazione FARET, acronimo di Fabbrica Apparecchi Radio e Televisione S.p.A..

La sede legale della società si trovava in via Crescenzio nel quartiere Prati, mentre l'attività industriale della ditta si svolgeva in un grosso capannone che si trovava in via d... Altro

ISMIN Immagine Stampatore Provincia Emissione Taglio Rarità Valore
A-13543--Roma1958100 obbligazioni 8% da Lire 10.000R2 (1001-5000 pezzi)S2 (da 26 a 50 €)
B-13543F.A.R.E.T. – Fabbrica Apparecchi Radio e Televisione Voxson-2Stab. L. Salomone - RomaRoma195950 obbligazioni 6,5% da Lire 10.000R2 (1001-5000 pezzi)S1 (da 0 a 25 €)
C-13543F.A.R.E.T. – Fabbrica Apparecchi Radio e Televisione Voxson-3Stab. L. Salomone - RomaRoma1959100 obbligazioni (cap. soc. L. 300.000.000)R2 (1001-5000 pezzi)S1 (da 0 a 25 €)
D-13543F.A.R.E.T. – Fabbrica Apparecchi Radio e Televisione Voxson-4Stab. L. Salomone - RomaRoma1959100 obbligazioni (cap. soc. L. 600.000.000)R2 (1001-5000 pezzi)S1 (da 0 a 25 €)

Voxson è un marchio di prodotti elettronici e – con il nome Voxson Europa – un’azienda di produzioni televisive. Dal 1952 agli anni novanta è stata un’azienda italiana del settore dell’elettronica di consumo, in particolare di apparecchi televisivi. Nel secondo dopoguerra fino alla fine degli anni settanta, è stata fra le maggiori aziende a livello nazionale ed europeo nella produzione di apparecchi radiofonici e televisivi

Fu fondata nel 1952 a Roma dall’ingegner Arnaldo Piccinini con la denominazione FARET, acronimo di Fabbrica Apparecchi Radio e Televisione S.p.A..

La sede legale della società si trovava in via Crescenzio nel quartiere Prati, mentre l’attività industriale della ditta si svolgeva in un grosso capannone che si trovava in via di Tor Cervara, e tale attività iniziò con la costruzione delle radio e dei televisori. Questi apparecchi distribuiti sul mercato con il marchio Voxson, ebbero un immediato successo già a partire dal 1954, le radio a valvole Dinghy e Starlet. Nel 1957 vennero lanciati il modello Zephir, prima radio a transistor di produzione italiana, e il primo televisore con cinescopio corto 110 gradi. Notevoli le produzioni anche nel settore dell’autoradio, che iniziarono con il modello Vanguard del 1960, con la caratteristica antenna nello specchietto retrovisore.

Fu negli anni del boom economico, e cioè alla fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, che Voxson divenne uno dei più noti marchi dell’elettronica di consumo, conquistando importanti quote di mercato in Italia, e successivamente anche all’estero.

In seguito, la produzione, oltre alle radio, autoradio e televisori, si estese anche ai giradischi e verso la fine del decennio pure ai mangianastri. Inoltre, la realizzazione estetica dei modelli Voxson si avvalse della collaborazione dei più importanti designer italiani, fra i quali spiccava Rodolfo Bonetto. Data l’espansione commerciale e il conseguente aumento di addetti e di produttività dell’azienda, fu ampliato lo stabilimento di Tor Cervara, e nel 1967 venne trasferita la sede legale della società, che assunse la nuova denominazione Voxson S.p.A.. Nello stesso periodo venne costituita anche una filiale estera, a Parigi con il nome di Voxson France S.A., per potenziare la distribuzione nei paesi dell’Europa centrale e settentrionale.

Nel 1969 l’azienda contava circa 1 800 dipendenti, e divenne il dodicesimo produttore mondiale nel settore dell’elettronica, registrando un fatturato di 11 miliardi di lire. La commercializzazione dei prodotti Voxson avvenne in oltre 30 paesi, affermandosi in modo particolare in Spagna, Gran Bretagna e Germania.

Nel 1971 il presidente Piccinini cedette la società, e il suo 50% venne rilevato dalla multinazionale EMI, casa discografica britannica, che investì in questa operazione 3 miliardi di lire, mentre il possesso del restante 50 per cento era diviso tra RCA Italiana e Agip[3], ma di fatto la proprietà passava alla EMI, che successivamente rilevò altre quote della Voxson arrivando a possederne l’81%.

Con l’avvento della nuova proprietà, l’azienda proseguì nella produzione di televisori e autoradio, mentre cessò di quella delle radio portatili, sostituendola alla nuova produzione di amplificatori, diffusori e impianti stereofonici ad alta fedeltà. Sono gli anni più prolifici per Voxson in termini di design e innovazione: in linea con le richieste del pubblic dell’epoca, l’azienda sfornò oggetti quali l’autoradio “tanga” ed il televisore “T 1228 Oyster”.

Nonostante questo, al pari delle altre realtà dell’elettronica nazionale (Autovox, Phonola, Lesa, Radiomarelli, Magnadyne, etc.) anche per Voxson il decennio coincide con la battaglia verso i prodotti d’importazione, oramai sempre più affidabili ed economici, soprattutto nella fascia occupata dall’azienda italiana. Al contrario delle imprese a gestione nazionale, la proprietà straniera EMI decise quindi di chiudere nel 1975 la fabbrica, poiché la società romana aveva accumulato un passivo nel bilancio di 5 miliardi di lire.

Voxson vide contrarre le proprie quote nel mercato nazionale ed estero dei televisori. Discorso diverso comunque valeva per l’autoradio, settore nel quale Voxson riuscì ancora a competere mantenendo la sua quota di mercato attorno al 20% in Italia.

L’ipotesi della chiusura dello stabilimento fu scongiurata dall’intervento del Ministero dell’Industria che decise di mediare affinché la società fosse ceduta. Nello stesso anno fu trovato un acquirente, e l’azienda venne ceduta all’imprenditore romano Amedeo Ortolani.

Intanto nel 1977 Voxson lanciò l’autoradio Tanga NS, versione nuova del modello del 1970, estraibile e costruita interamente in plastica, che riscosse un enorme successo in quel periodo, a cui fecero seguito i modelli Mostro e Boccardino. Successivamente venne attivata la produzione dei televisori a colori.

Con la cessione ad Amedeo Ortolani, figlio del finanziere Umberto, Voxson entrò nella lista di quelle società che facevano riferimento alla loggia P2.

Durante la gestione Ortolani, la crisi societaria della Voxson continuò ad aggravarsi. Nel 1980, l’azienda romana si ritrovò con una pesante esposizione bancaria nei confronti del Banco Ambrosiano (altra società legata alla P2), avuta fin dal 1976, dovuta ad uno scoperto di 20 miliardi di lire sul conto corrente. Ciò nonostante, la banca milanese aveva concesso alla società altri fidi bancari per 30 miliardi.

I debiti accumulati dall’azienda furono di circa 68 miliardi di lire[7], e nel 1981, la Voxson, in stato di insolvenza, rischiò di chiudere, e venne sottoposta all’amministrazione controllata in base alla legge Prodi come alternativa al fallimento e la gestione della società venne affidata all’ing. Emanuele Morici, in qualità di commissario straordinario.

A questa gravosa situazione finanziaria, si aggiungeva la sempre maggiore perdità di competitività nel mercato dell’elettronica di consumo, causato non soltanto dal ritardo tecnologico di cui l’azienda romana soffriva, ma anche dall’aggressiva concorrenza dei prodotti di elettronica di provenienza giapponese sul mercato nazionale ed europeo, venduti a prezzi inferiori.

Nel febbraio 1985 c’era incertezza sul futuro della società e di quello dei suoi 1 350 dipendenti, da tempo in cassa integrazione. Si prospettava la chiusura delle proprie attività e che metà dei suoi dipendenti dovessero essere assunti dalla Vidital, una nuova società costituita in quello stesso periodo dalla multinazionale statunitense ITT Corporation e dalla REL che doveva produrre videoregistratori[8], e invece un mese dopo, una società americana del settore dell’informatica, la Toreson Industries, avanzò un’offerta per rilevare la Voxson, il cui piano prevedeva la ristrutturazione ed il risanamento della società. Il piano non andò in porto, e nel settembre 1987 le attività produttive della società cessarono definitivamente, la fabbrica venne chiusa, e tutti i lavoratori licenziati[9]. La Voxson, a differenza di altre aziende italiane del settore non ottenne mai un effettivo finanziamento dalla REL[10], quindi, nulla fu fatto per evitarne la chiusura. L’anno prima, nel 1986, il governo aveva anche approvato il piano di salvataggio presentato dalla stessa Toreson Industries, interessata a rilevare la società e concesso un finanziamento di 25 miliardi di lire[11]. Sempre nello stesso anno, il neoministro Adolfo Battaglia approvò un altro piano di risanamento, che oltre a quei 25 miliardi di finanziamento, prevedeva altri 4 miliardi in conto capitale, in cui il socio di maggioranza sarebbe sempre stata sempre la Toreson, per la creazione della Nuova Voxson, che oltre a continuare la produzione di autoradio e televisori, avrebbe avviato la produzione di home computer.

Nel dicembre 1987, venne costituita la nuova società da parte di REL e Toreson, con la denominazione Nuova Voxson S.p.A., la cui produzione si sarebbe concentrata soltanto su quella degli home computer.

Ma nel 1990 la situazione rimase immutata, perché il piano approvato tre anni prima dal ministro Battaglia non fu mai applicato e i soldi per il rilancio della Voxson non furono mai erogati. E per tali ragioni, il finanziamento di 25 miliardi di lire venne revocato dal ministro dell’Industria.

Nei fatti, quindi, la Nuova Voxson non fu mai operativa, ma nel 1993 il finanziamento da erogare tornò d’attualità. Venne formulata l’ipotesi di far alloggiare la produzione dell’azienda nell’ex stabilimento Maserati di Lambrate, alla periferia di Milano, chiuso da appena un anno, e di assumere un centinaio di ex lavoratori della casa automobilistica. Ci furono una serie di trattative tra la società, il ministero e i sindacati, ma non venne raggiunto alcun accordo. Successivamente, la Nuova Voxson venne posta in liquidazione che durò fino alla sua chiusura avvenuta nel 1994.

Alla fine degli anni novanta, la vecchia fabbrica di Tor Cervara, ormai dismessa da anni, viene acquistata dalla società finanziaria Fincentro Uno, controllata dall’imprenditore Francesco Di Stefano. L’edificio viene ristrutturato e nel 1999 viene inaugurato un importante centro di produzione televisiva e cinematografica, che prende il nome di Centro Europa 7.

Negli anni 2000, Di Stefano acquista anche il marchio Voxson, creando una nuova società denominata Voxson Europa S.p.A. di cui la Fincentro Uno ne è proprietaria al 100 per cento. Dopo oltre un decennio di assenza, nel 2004 il marchio Voxson è ritornato nel mercato italiano dell’elettronica di consumo con i televisori LCD e CRT, i lettori DVD e i condizionatori, prodotti nel Sud-est Asiatico, importati e distribuiti con il marchio dell’azienda romana.

Radioricevitore a transistor Voxson Zephyr