A. Nucci & C. S.A. (già Società Costruzioni Areonautiche Roma)

Costituzione: 25 gennaio 1916

Codice ISMIN: 36477

Tra la fine di luglio e gli inizi di agosto scoppiava in Europa il conflitto che avrebbe assunto proporzioni mondiali e tutte le grandi potenze in lotta si erano impegnate nella costituzione di una componente aeronautica. La Francia disponeva di oltre 600 aeroplani, la Russia addirittura mille, la Germania 500 aerei e 40 dirigibili ed aveva anche ideato una più corretta visione dell'arma aerea.

L'Italia, in un clima di incertezza politica e diplomatica, non aveva ancora idea da che parte schierare le truppe ed agli inizi si era dichiarata neutrale. Lo scarso potenziale industriale aeronautico aveva costretto l'Italia a rivolgersi all'estero sia per il rinnovo del parco aereo che per l'addestramento dei tecnici, in particolare Gran Bretagna, Francia, G... Altro

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A-36477A. Nucci & C. S.A. (già Società Costruzioni Areonautiche Roma)-1Roma 19192 azioni al portatore da lire 500R3 (501-1000 pezzi)S4 (da 101 a 250 €)
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C-36477A. Nucci & C. S.A. (già Società Costruzioni Areonautiche Roma)-3Roma 191910 azioni al portatore da lire 500R3 (501-1000 pezzi)S4 (da 101 a 250 €)

Tra la fine di luglio e gli inizi di agosto scoppiava in Europa il conflitto che avrebbe assunto proporzioni mondiali e tutte le grandi potenze in lotta si erano impegnate nella costituzione di una componente aeronautica. La Francia disponeva di oltre 600 aeroplani, la Russia addirittura mille, la Germania 500 aerei e 40 dirigibili ed aveva anche ideato una più corretta visione dell’arma aerea.

L’Italia, in un clima di incertezza politica e diplomatica, non aveva ancora idea da che parte schierare le truppe ed agli inizi si era dichiarata neutrale. Lo scarso potenziale industriale aeronautico aveva costretto l’Italia a rivolgersi all’estero sia per il rinnovo del parco aereo che per l’addestramento dei tecnici, in particolare Gran Bretagna, Francia, Germania e persino Stati Uniti d’America.

In Francia si acquistarono le licenze per i Farman 1914 (Farman 14), i Nieuport, i Caudron ed i Voisin, per i motori Gnome e Caonton-Unné. In Germania per gli Automobil und Aviatik e gli Albatros e per i motori Maybach, ma con la guerra la Germania bloccò le esportazioni, mentre Francia e Regno Unito posero condizioni politiche.

La mancanza di un riordino dell’aeronautica ostacolò la creazione di nuove componenti dato che sia il Regio Esercito che la Regia Marina erano restii a privarsi di personale valido. A fine autunno del 1914 un programma prevedeva la costituzione di nuove squadriglie, ma l’industria non riusciva a produrre che meno di dieci aerei al giorno. In questa situazione nacquero industrie quali l’Aeronautica Macchi, la Società Anonima Meccanica Lombarda (SAML), la Savoia e la Società Idrovolanti Alta Italia.

L’ingegner Giovanni Battista Caproni concepiva, già nel 1913, un biplano trimotore di dimensioni generose, inconsuete ad esclusione del bombardiere quadrimotore Sikorsky Ilya Muromets (nome di un eroe delle leggende russe).

Dopo varie traversie politico-burocratiche il “Corpo Aeronautico” divenne operativo, immediatamente subordinato all’Arma del genio del Regio Esercito, con una Direzione Generale dell’Aeronautica al Ministero della Guerra affidata al colonnello Maurizio Mario Moris.

Il Comando dell’Aeronautica comprendeva il Battaglione Dirigibilisti, il Battaglione Aerostieri e lo stabilimento di costruzioni aeronautiche, mentre il Comando dell’Aviazione comprendeva un Battaglione Aviatori, un Battaglione Scuole Aviatori, una direzione tecnica dell’aviazione militare e un Istituto Centrale Aeronautico.

Uno stanziamento di 16 milioni e mezzo di lire era destinato agli approvvigionamenti dell’Arma aeronautica e della aviazione della Marina (5 milioni di lire), ma la somma venne giudicata insufficiente soprattutto se confrontata con il bilancio delle altre aviazioni, e venne quindi aumentata a quasi 17 milioni di lire per la sola aviazione dell’esercito consentendo l’ordinazione di 193 aeroplani e 330 motori. Il problema del personale venne risolto creando un organico proprio, comprendente 374 ufficiali provenienti da tutte le armi. La politica interventista dell’onorevole Antonio Salandra portò ad un’intensa preparazione bellica. Gli aeroplani a disposizione dell’aviazione dell’esercito erano complessivamente 86 ripartiti in 15 squadriglie, delle quali solo 12 operative con 75 apparecchi. I piloti con brevetto militare erano 70, con altri 20 in corso di istruzione, 40 riserve o istruttori nelle scuole.

A maggio 1915 la forza aerea dell’esercito era composta da sei squadriglie Blériot con 37 aerei per 30 piloti, quattro squadriglie Nieuport monoplani con 27 aerei per 20 piloti e quattro squadriglie Farman con 22 aerei per 20 piloti.[18]

L’esercito austro-ungarico disponeva di 96 aerei ed un dirigibile. L’aviazione italiana non aveva compiuto nessun miglioramento tecnologico dalla guerra di Libia ed il giorno 24 maggio 1915, quando fu data l’autorizzazione a passare il confine, gli aeroplani italiani poterono compiere solo ricognizioni. La notte dello stesso 24 maggio gli idrovolanti austriaci bombardarono Venezia. Questa e le altre incursioni in territorio veneto ebbero almeno il risvolto di suscitare attenzione verso l’arma aeronautica. Il 24 maggio un Blériot XI della 1ª Squadriglia da ricognizione e combattimento compie la prima missione lanciando bombe su Sagrado. Il 25 maggio 2 Nieuport X (Nieuport IVM) della 5ª Squadriglia da ricognizione e combattimento bombardano le officine di Monfalcone, 3 Nieuport X della 6ª Squadriglia da ricognizione e combattimento bombardano la centrale elettrica di Monfalcone e 2 Farman 14 della 10ª Squadriglia da ricognizione e combattimento attaccano la stazione di Gorizia. Il 26 maggio la 13ª Squadriglia da ricognizione e combattimento con un Blériot lancia le prime bombe su Gorizia.

Nei primi mesi di guerra la k.u.k. Luftfahrtruppen, l’aviazione austroungarica, effettuò numerose incursioni, in particolare a Venezia, Padova, Treviso e Milano, che fu bombardata il 14 febbraio 1916 da 11 biplani Lloyd C.II e Lohner B.VII partiti dal Trentino. A La Spezia toccò l’11 luglio, da un solo Brandenburg pilotato dal sergente Joseph Siegel, a Napoli il 10 marzo, dal dirigibile tedesco L-59, partito dalla Bulgaria. I danni furono lievi, ma si ebbero molte vittime civili. A protezione di Napoli, dopo il bombardamento, fu schierata una squadriglia di idrocaccia della Marina con sede a Pozzuoli, mentre per la difesa di Milano furono impiegati anche i trimotori Caproni.

Da gennaio 1916 la 4ª Squadriglia per l’artiglieria utilizza i primi radioapparati per la segnalazione con l’artiglieria sui Caudron G.3. Fin dal 1916 venne distaccato a Valona, in Albania, l’8º Gruppo, mentre il 21º era schierato a Sakulevo in Macedonia. In Francia si trasferì invece il 18º Gruppo composto da tre squadriglie di Caproni, dove operarono assieme all’aeronautica francese. In Libia si trovavano la 104ª e la 106ª Squadriglia Farman e la 12ª Caproni contro gli insorti che minacciavano le città sulla costa, dove la guarnigione italiana si era ridotta. I tedeschi avevano installato a Misurata una potente stazione radio per comunicare con i sommergibili, la quale venne distrutta dagli aerei italiani nel settembre del 1918.

Il Servizio Aeronautico della Regia Marina disponeva di tre aeroscali per dirigibili, e di cinque stazioni idrovolanti. La minaccia dei sommergibili era stata di tale portata nel Mediterraneo che le forze italiane furono costrette a creare un servizio di sorveglianza formato da 20 idrovolanti e 10 dirigibili lungo tutte le rotte. Nel 1916 contro 154 incursioni italiane ve ne furono 562 austriache, ma nel 1918 quelle austriache furono 542 e quelle italiane 1.224.

In base ad un accordo con la Francia che prevedeva la mutua assistenza, una squadriglia di 6 aerei Nieuport da caccia atterrò sul campo di Venezia Lido nel dicembre 1915 affiancata da una squadriglia di idrovolanti FBA (Franco-British Aviation Company) a Sant’Andrea. L’aeronautica italiana compì un enorme sforzo per restare al passo di quella nemica, mentre già alla fine di giugno la linea degli apparecchi era già profondamente usurata. Gli aerei vennero ritirati, passati alle scuole di volo, e sostituiti dai nuovi modelli di Farman. Gli Aviatik biposto costruiti dalla SAML (Società Anonima Meccanica Lombarda), vennero inizialmente adottati per la difesa di Udine, Verona e Brescia.

Il 20 ed il 28 agosto 1915 la 1ª Squadriglia Caproni effettua i primi bombardamenti del campo volo di Aisovizza con i Caproni Ca.32 (300 hp). Nella Terza battaglia dell’Isonzo in ottobre sono operative anche la 2ª Squadriglia Caproni e la 3ª Squadriglia Caproni. Finalmente, nel novembre del 1915 fu possibile attrezzare quattro squadriglie operative con i Ca.32, inquadrate nel Gruppo comando supremo, i cui trimotori sono in grado di sganciare quattro quintali di bombe addentrandosi per un centinaio di chilometri in territorio nemico e con un equipaggio di quattro uomini. Nel primo trimestre 1916 erano operative 7 Squadriglie di Ca. 300, nel secondo 12.

Agli inizi questi aeroplani erano impiegati in azioni poco appropriate, ovvero come una specie di artiglieria volante da contrapporre a quella nemica a terra. Le perdite furono assai dolorose. Con l’avvento dei motori da 450 CV (331 kW o 444 hp), con i Caproni Ca.33 furono attaccate le basi ed i porti più lontani. Il 17 maggio venne attaccato il porto di Pola, base della flotta austriaca. Fino ad allora compito dei dirigibili, vennero effettuate anche incursioni notturne. Dal 17 marzo la 13ª Squadriglia da ricognizione e combattimento (che dal 15 aprile diventa 34ª Squadriglia) dotata di 6 Farman 14 con motore Fiat A.10 inizia i voli di guerra a Valona.[19] Il 4 aprile 1916 il dirigibile V2 dell’Aeroporto di Ferrara-San Luca bombarda il nodo ferroviario di Nabresina alle ore 2.00 dove sganciò, da 1950 metri di quota, 600 kg di bombe. Il 7 aprile la 1ª Squadriglia caccia con il Tenente Francesco Baracca su Nieuport 11 attacca un Hansa-Brandenburg C.I costringendolo all’atterraggio ed il volontario Luigi Olivari, il capitano Domenico Bolognesi ed il Cap. Tacchini ne abbattono un altro realizzando le prime vittorie certe dell’aviazione italiana in quanto i nemici vengono catturati.

Il 1º agosto un Caproni Ca.33 della 1ª Squadriglia Caproni, 3 Ca.33 della 4ª Squadriglia, 3 Ca della 6ª Squadriglia, un Ca della 7ª Squadriglia, 4 Ca. della 8ª Squadriglia e 3 Ca. della 10ª Squadriglia da bombardamento “Caproni” bombardano il silurificio di Fiume (Croazia) ma dopo lo sgancio delle bombe un Ca della 4ª viene attaccato dall’idrovolante Lohner L dell’asso Goffredo de Banfield ed è costretto ad un atterraggio di emergenza in territorio austriaco. Nell’ambito della Sesta battaglia dell’Isonzo il 9 agosto un Ca. della 3ª Squadriglia e 3 Ca. della 6ª Squadriglia bombardano Dornberg e Prvačina. Al 1º settembre 1916 l’aviazione aveva 369 piloti, 162 osservatori, 123 mitraglieri, 43 Caproni, 121 Farman, 28 Voisin, 38 Caudron G.3 e 7 Caudron G.4 bimotori, 63 Nieuport, 16 Aviatik, 12 FBA Type H per un totale di 328 aerei in 7 Gruppi per 42 squadriglie. Il 13 settembre due Ca. della 1ª Squadriglia Caproni, 4 della 3ª Squadriglia e 4 della 7ª Squadriglia bombardano di notte il Cantiere navale di Trieste. Nel 1916 la supremazia aerea austriaca era netta dovuta alla migliore qualità degli aerei e degli idrovolanti ad eccezione dei bombardieri Caproni che non avevano concorrenti.[20]

Nel 1917 si accorparono le squadriglie di bombardieri nel Raggruppamento Bombardamento, il quale comprendeva il 4º, l’11º ed il 14º Gruppo, con dodici squadriglie, al comando del Tenente Colonnello Egidio Carta, dipendente dell’Ufficio Servizi del Colonnello Riccardo Moizo. Più tardi invece il Raggruppamento Bombardamento fu affiancato a quello da caccia sotto un Comando Aeronautica del Colonnello Ernesto La Polla, e da squadriglie di osservazione. Al 1º gennaio per la Campagna di Albania era presente l’VIII Gruppo (poi 8º Gruppo di Volo) con l’11ª Squadriglia Caproni, la 34^ Farman e la Sezione Nieuport ed al 1º maggio in Macedonia la 47ª Squadriglia ed una sezione dell’83^ e nella colonia della Libia la 12ª e la 104ª Squadriglia e due sezioni. In maggio ebbe luogo la Decima battaglia dell’Isonzo nella quale si ebbero grandi scontri nei cieli nei quali gli austriaci non riuscirono ad opporre resistenza alla presenza dell’aviazione italiana che effettua grandi azioni di massa.[21] In giugno nell’ambito della Battaglia del monte Ortigara si verificano intensi scontri aerei nei quali gli austriaci subiscono grandi perdite dovute ai nuovi SPAD S.VII e Nieuport 17 che forniscono la superiorità aerea rispetto alla caccia austriaca meno dotata.[22] Il 2 agosto la 2ª Squadriglia bombarda l’Arsenale di Pola, la 6ª Squadriglia con 4 Ca attacca obiettivi militari su Pola e l’8ª Squadriglia con 4 Ca, partecipa al bombardamento notturno di Pola con l’osservatore Gabriele D’Annunzio che torna anche il 3 e 9 agosto con Luigi Gori e Maurizio Pagliano. La 3ª Squadriglia il 3 agosto con un Ca. lancia 8 bombe sull’Arsenale di Pola provocando un incendio ed il 4 agosto con 2 Ca. torna a bombardarlo, la 7ª Squadriglia il 3 agosto con 3 Ca. bombarda di notte il Cantiere navale di Pola e la 13ª Squadriglia con i Caproni Ca. 33 450 hp il 3, 4 e 9 agosto partecipa all’attacco di Pola. La 10ª Squadriglia il 6 agosto bombarda di notte installazioni militari di Pola.

Dalla metà di agosto, nell’ambito dell’Undicesima battaglia dell’Isonzo, vi fu un grande impiego di aerei anche in grosse formazioni, in condizione di superiorità aerea per l’aviazione italiana che inviava in volo oltre 200 velivoli al giorno.[23] Dopo la Battaglia di Caporetto il 20 novembre l’aviazione italiana disponeva per l’esercito di 59 squadriglie e 2 Sezioni dotate di 378 aerei (59 Caproni, 9 Farman, 5 Caudron, 59 SAML S.2, 1 Savoia-Pomilio SP.2, 55 Savoia-Pomilio SP.3, 19 Savoia-Pomilio SP.4, 28 Pomilio PC, 6 SIA 7b, 31 Nieuport 11, 36 SPAD S.VII 140, 34 Hanriot HD.1 e 36 vari) per 457 piloti, 284 osservatori e 152 mitraglieri oltre ai 119 piloti di Marina.[24]

A fine anno l’aviazione della Marina, che dopo Caporetto aveva dovuto lasciare la stazione di Grado, dispone di 34 idrovolanti nella laguna di Venezia, 7 all’idroscalo di Porto Corsini, 4 ad Ancona, 11 a Varano (Ancona), 22 a Brindisi, 6 ad Otranto, 4 a Santa Maria di Leuca, 24 a Valona ed 8 a bordo dell’Europa (nave appoggio idrovolanti) in aggiunta ai 103 distribuiti nelle stazioni a difesa del traffico a Sanremo, Porto Maurizio, Varazze, Rapallo, La Spezia, Campiglia, Piombino, Civitavecchia, Ponza, Napoli, Sapri, Milazzo, Catania, Siracusa e Palermo. L’Ispettorato per la difesa del Traffico Nazionale dal 17 febbraio 1917 fino alla fine dell’anno ha svolto 2.377 voli di guerra.[25]

Il 25 dicembre 1917 l’asso canadese Capitano William George Barker del No. 28 Squadron RAF britannico basato ad Istrana (Treviso) piombò da solo sul campo della 204ª Jasta tedesca da ricognizione con il suo Camel B6313 lasciando lo scompiglio. Il giorno successivo i tedeschi organizzarono una pronta risposta e, alle 8:30 della mattina, 25 tra biposto DFW C.V e bimotori AEG G.IV, scortati a quota più alta da 15 caccia tra Albatros D.III e Albatros D.V, piombarono sull’Aeroporto di Istrana, dove erano il 6º Gruppo caccia ed il 10º Gruppo italiani. Nella Battaglia di Istrana 15 caccia italiani Hanriot HD.1 riuscirono a decollare, abbattendo con l’aiuto di 3 Sopwith Camel britannici 11 aerei tedeschi senza riportare perdite conseguendo una netta vittoria.

Il 1º marzo 1918 si chiude l’Ufficio Servizi Aeronautici e nasce il Comando Superiore di Aeronautica comandato dal Maggior generale Luigi Bongiovanni. Alla stessa data l’Italia vede schierato sul fronte occidentale in Francia il XVIII Gruppo (poi 18º Gruppo caccia) con la 3ª Squadriglia Caproni, la 14ª Squadriglia e 15ª Squadriglia da bombardamento Caproni.[26]

L’onorevole Eugenio Chiesa, per la sua grande autorità e dirittura morale, fu nominato Commissario Generale per il Corpo Aeronautico nel governo Orlando, dal 1º novembre 1917 al 14 dicembre 1918[27]. Non accettò l’incarico di ministro ma quello di Commissario Generale d’Aeronautica, all’interno del Ministero per le Armi e Munizioni per non giurare fedeltà al re.[28] Tale Commissariato aveva il compito di coordinare e presiedere alla mobilitazione industriale ed alla produzione di aeroplani e motori. Presto i risultati di tale impegno dettero i loro frutti.[29] Il 10 aprile al fronte l’Italia schierava 232 caccia, 66 bombardieri e 205 ricognitori oltre ai rinforzi dalla Francia con 20 ricognitori e dall’Inghilterra con 54 caccia e 26 ricognitori.[30] Nel mese di giugno, nell’ambito della Battaglia del solstizio, l’aviazione italiana in zona di guerra disponeva di 65 squadriglie e 9 Sezioni con 647 aerei per 770 piloti, 474 osservatori, 176 mitraglieri, 916 motoristi e 477 montatori e fu vittoriosa nei cieli in modo netto parimenti alle truppe di terra.[31]

Nel mese di ottobre, l’Italia disponeva di 58 bombardieri e di 210 caccia, comprese le quattro squadriglie della Marina con i biplani Ca.44 (Ca.5), da 600 CV, ed i grandi triplani Ca.40 (Ca.4) da 1 200 CV, con un carico bellico di 3.000 kg., per un peso totale di 6.500 kg.

L’Italia schierò almeno 60 dirigibili, seconda solo alla Germania, sia per numero che per intensità di impiego. Dieci dirigibili andarono perduti in combattimento e quattro in incidenti.

I bombardieri effettuarono numerose incursioni e anche i caccia ottennero la superiorità aerea durante l’offensiva finale sui cieli dei combattimenti. Quasi tutti i caccia italiani erano di progettazione francese, tranne l’Ansaldo A.1 Balilla, agile biplano, il quale però giunse troppo tardi nel conflitto per essere utilizzato concretamente.

Nel 1918 arrivò anche il velocissimo S.V.A., progettato dagli ufficiali ingegneri Umberto Savoja e Rodolfo Verduzio per l’Ansaldo. Eccezionale nella salita e per la velocità, era reputato poco maneggevole e agli inizi venne adottato per la ricognizione, nella quale si dimostrò eccezionale. Fu anche usato come cacciabombardiere d’appoggio tattico alla Cavalleria. Il 9 agosto lo SVA fu protagonista del celebre volo su Vienna. 11 SVA della 87ª Squadriglia Aeroplani partirono da San Pelagio, una località nei pressi di Padova, di cui tre furono costretti al rientro, mentre gli altri attraversavano le Alpi sulla rotta Udine-Klagenfurt, alla quota di 3 500 metri. L’aereo del Tenente Sarti era costretto ad atterrare in vista della meta, gli altri sette giunsero su Vienna, compreso Gabriele D’Annunzio, sullo SVA numero 10 pilotato dal Capitano Natale Palli.

Al 4 novembre 1918 erano al fronte 25 Gruppi. Gli italiani disponevano di 84 squadriglie di cui al fronte 64 più 6 Sezioni con 1055 aerei, quelle oltremare e le 20 squadriglie e 6 Sezioni da Difesa. Inoltre il servizio Aeronautico della Marina disponeva di 103 aerei e 241 idrovolanti in Adriatico e 5 aerei e 140 idrovolanti nelle squadriglie di difesa del traffico. Complessivamente quattro squadriglie con i biplani Ca.44 (Ca.5), da 600 CV, ed i grandi triplani Ca.40 (Ca.4) da 1.200 CV, con un carico bellico di 3 000 kg, per un peso totale di 6 500 kg.

Nella guerra l’aviazione aveva abbattuto oltre 600 aerei nemici.[32] Gli aviatori caduti in voli di guerra, in incidenti di volo o in addestramento erano stati 1784, con la concessione di 24 Medaglie d’oro al valor militare, 1.890 d’argento e 1.312 di bronzo.[33] Un terzo dei caduti sono dovuti per azione nemica ed i due terzi per incidenti di volo.

Lo sforzo bellico italiano aveva prodotto 12.000 aeroplani e più di 24.000 motori, superata da Francia, Germania e Regno Unito, seguita da Russia, Austria e Stati Uniti d’America. Tornata la pace, si guardò all’impiego civile dell’aereo e anche molti piloti militari si rivolsero verso quest’ambito. Come sottolineato in ambito storiografico (specie da Giorgio Rochat) “l’italietta liberale”, tanto vituperata negli anni ’20, era riuscita a costruire quasi dal nulla una grande forza aerea, ad equipaggiarla in maniera adeguata (ed in alcuni settori anche d’avanguardia) e ad ottenere, tra il 1917 e il 1918, la supremazia e il dominio dell’aria sopra il fronte italiano; classificandosi come 4° potenza aerea mondiale. Oltre tutto producendo più aeroplani nel periodo 1915-1918 di quanti non furono costruiti nel periodo 1940-1943, malgrado nel 1915 l’industria aeronautica italiana fosse tutta da inventare. Questo risultato era tanto più notevole perché certificava la capacità della dirigenza politica e militare italiana di cambiare idea e di rivalutare un’arma che, ancora nel 1914, considerava con un certo interesse, ma senza darle alcuna importanza. In particolare l’aereo, oltre a conquistare una indubbia importanza dal punto di vista propagandistico, iniziò ad essere visto come un insostituibile mezzo da ricognizione per la stragrande maggioranza degli ufficiali superiori dell’esercito (sovente per formazione artiglieri), mentre la politica si attivò per aumentare la quantità e la qualità dei mezzi aerei italiani, anche a discapito delle nascenti industrie aeronautiche, costrette a produrre quello che serviva (anche su licenza) e non quello che volevano produrre. Non mancarono però (come in tutte le nazioni belligeranti) anche dei contratti assai svantaggiosi per l’esercito e che si risolsero in fallimenti costosi a livello economico.

Il primo dopoguerra

Dei 78.624 tra ufficiali, sottufficiali, truppa ed impiegati civili in forza nel novembre 1918 nel febbraio 1919 erano rimasti 14 gruppi su 35 squadriglie e 5 sezioni e nel successivo mese di marzo vengono chiuse altre 5 squadriglie. Nel 1920 si ricorda il notevole raid Roma-Tokyo compiuto da due SVA, pilotati da Arturo Ferrarin e Guido Masiero. L’impresa era stata pensata da D’Annunzio, che non partecipò. Parteciparono cinque Caproni e sette SVA, tra i quali quelli di Ferrarin e Masiero che fungevano unicamente da staffette, con aerei usati, ma che furono gli unici ad arrivare, entrando nella Storia dell’Aviazione.

Il Regio Decreto nº 451 del 20 aprile 1920 istituisce l'”Arma Aeronautica dell’Esercito” al posto del Corpo Aeronautico dell’Esercito ed il Regio Decreto nº 1438 del 30 settembre 1920 creò la “Forza Aerea della Regia Marina” al posto del Servizio Aeronautico della Marina.

La riconquista della Libia (1922-1932) vide protagonisti gli Ansaldo SVA ed i Caproni Ca.33-Ca.36, sostituiti col tempo dai nuovi IMAM Ro.1 e Caproni Ca.73 e Ca.101 che, oltre alle azioni di bombardamento e ricognizione (assente la caccia in quanto mancava un’aviazione avversaria), si occupavano anche del rifornimento delle truppe per i generi di prima necessità. Nel febbraio del 1922, il X Battaglione Àscari Eritrei venne assediato dai ribelli ad el-Azizia (Tripolitania italiana) e la sola possibilità di collegamento era quella aerea. 5 Caproni Ca.36 e qualche monomotore Ansaldo S.V.A. trasportarono per due mesi truppe fresche all’andata ed evacuavano feriti e personale civile al ritorno, compiendo così il primo ponte aereo della storia [senza fonte].

In patria il Corpo venne organizzato in Raggruppamenti: bombardamento-ricognizione, caccia e dirigibili. Gli aerei disponibili erano 273, mentre l’aviazione di Marina contava su 54 idrovolanti. Nel suo primo gabinetto (31 ottobre 1922) il capo del governo Benito Mussolini nominò due direttori generali: il maggior generale Giulio Douhet, per l’Aeronautica militare, e il tenente colonnello Arturo Mercanti per l’Aviazione civile.

Dopo l’istituzione, il 24 gennaio 1923, di un Commissariato per l’Aeronautica o Comando Generale dell’Aeronautica, venne istituita la Regia Aeronautica con il Regio decreto 28 marzo 1923 n. 645: ad essa erano affidate tutte le forze aeree militari dell’esercito, del Regno e delle colonie, mentre la Forza aerea della Marina restò autonoma fino al 1931. Nel 1925 nacque il ministero dell’Aeronautica.