Fede di Credito Real Stabilim. di Santa Maria Vertecoeli

Costituzione: N.D.

Pagina libro: 126

Codice ISMIN: 14115

Fondo Real Stabilimento di Santa Maria Vertecoeli

Verso la fine del XVI e il principio del XVII secolo alcuni cittadini appartenenti alla classe degli artigiani convennero in una piccola cappella denominata di Santa Maria a Sicula, posta nella contrada di Forcella. Animati da carità cristiana, presero a raccogliere elemosine in tutta la città devolvendone il ricavato per la celebrazione di messe in suffragio delle anime del Purgatorio. Questa prima forma associativa, priva di alcuna regola si sciolse nell’anno 1645. Alcuni zelanti collettori di elemosine continuarono privatamente l’attività e nel 1646 si riunirono nuovamente questa volta nel tempietto di Santa Maria Vertecoeli, posto nel vico dell’Etera.

Secondo la tradizione il fondatore del P... Altro

ISMIN Immagine Città Emissione Taglio Rarità Valore
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F-14115Fede di Credito Real Stabilim. di Santa Maria Vertecoeli-7Napoli1729---

Fondo Real Stabilimento di Santa Maria Vertecoeli

Verso la fine del XVI e il principio del XVII secolo alcuni cittadini appartenenti alla classe degli artigiani convennero in una piccola cappella denominata di Santa Maria a Sicula, posta nella contrada di Forcella. Animati da carità cristiana, presero a raccogliere elemosine in tutta la città devolvendone il ricavato per la celebrazione di messe in suffragio delle anime del Purgatorio. Questa prima forma associativa, priva di alcuna regola si sciolse nell’anno 1645. Alcuni zelanti collettori di elemosine continuarono privatamente l’attività e nel 1646 si riunirono nuovamente questa volta nel tempietto di Santa Maria Vertecoeli, posto nel vico dell’Etera.

Secondo la tradizione il fondatore del Pio Istituto fu tale Giovanni Vincenzo Capace Piscicelli juniore, il quale si operò di dare al Sodalizio, posto sotto il titolo di “Mendicanti per l’anime del Purgatorio”, delle regole che furono approvate prima dal cardinale Filomarino, arcivescovo di Napoli, e successivamente dal viceré, duca d’Arcos.

Per essere ammessi al Sodalizio occorreva avere buona morale, saper leggere e scrivere ed esercitare un mestiere onorevole con propria bottega o industria; potevano inoltre essere ammessi solo come benefattori i proprietari e gli esercenti una libera professione pagando una retta mensile e con il solo diritto di sepoltura nel cimitero della congrega, di assistenza sanitaria e, se poveri, di un sussidio. Lo stato di benefattori però escludeva la possibilità di partecipare alla gestione dell’Opera Pia.

La Confraternita prevedeva anche la possibilità di associare donne, solo nella classe delle benefattrici, purché queste, oltre al requisito di buona moralità, fossero mogli o figlie di fratelli, o esercitassero un’arte o mestiere.
Gli ascritti questuanti una volta ricevuti nella fratellanza, sceglievano il giorno da dedicare alla raccolta dell’elemosina e si impegnavano, poi, mensilmente a versare il ricavato al “capoparanza”. In ultimo era possibile l’associazione alla fratellanza in qualità di benefattore in morte; in tal caso l’associato aveva solo diritto alle esequie e, se richieste, alle messe in suffragio per la sua anima. L’abito confratile era composto, per l’uomo, da una tunica

di tela bianca, stretta intorno alla vita da una corona di seta celeste con un fiocco a ciascun estremo, un cappuccio di tela bianca al quale era affibbiato un quadrello di seta o di metallo con lo stemma del Reale Stabilimento, un cappello a larghe falde di feltro bianco, guanti e calze dello stesso colore, mentre le scarpe erano nere. Per le donne non era previsto alcun abito consortile, ma semplicemente il quadrello, appeso al collo con un cordone di seta celeste le cui estremità presentavano due piccoli fiocchi, anch’essi in seta, pendenti sul dorso. Grazie alle contribuzioni degli ascritti, alla raccolta delle oblazioni, ai legati patrimoniali o pro anima, il Real Stabilimento riusciva a perseguire i suoi scopi che erano: il mutuo soccorso, la beneficenza pubblica e le opere di cristiana pietà.

Le opere di mutuo soccorso riguardavano, oltre la concessione di sussidi ai confratelli qualora se ne manifestava la necessità, le doti di maritaggio alle figlie degli stessi e l’assistenza sanitaria, quest’ultima prevista esclusivamente per i soli ascritti, nel 1795 fu estesa anche ai familiari conviventi. L’adeguamento ai tempi portò di necessità, agli inizi del Novecento a modificare tale

forma di assistenza con la creazione di un nuovo e sperimentale Istituto volto al recupero dei bambini frenastenici. Nel 1936 venne fondato, grazie alla collaborazione con il Sovrano Ordine Militare di Malta, “l’Istituto Ortofrenico Sovrano Ordine Militare di Malta e Real Stabilimento di Santa Maria Vertecoeli” poi denominato “Istituto Ortofrenico Michele Sciuti”.

Le opere di beneficenza che l’Ente esercitava, erano rivolte ad alleviare le sofferenze della popolazione indigente della città e si esplicavano attraverso: le doti di maritaggio per le fanciulle, l’istruzione gratuita dei bambini con l’istituzione della scuola elementare popolare maschile in Santa Maria del Pianto; la vestizione, in occasione della festa nazionale dello “Statuto Albertino”, dei fanciulli poveri che frequentavano le scuole municipali; il conferimento di sacri patrimoni; la partecipazione a iniziative straordinarie con l’elargizione, come nel 1932, di un contributo di 25.000 lire per l’erezione del nuovo seminario; la formazione, con le altre Pie Istituzioni cittadine, di un fondo speciale a disposizione dell’Alto Commissariato per L’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia.

Le opere di cristiana pietà comprendevano: il mantenimento dell’Arciconfraternita e Oratorio di Santa Maria Vertecoeli; la cura e gestione delle chiese dipendenti dallo Stabilimento – le chiese che facevano capo allo Stabilimento erano in origine due: la chiesa di Santa Maria Vertecoeli e la chiesa di Santa Maria del Pianto a cui si aggiunsero successivamente quella della Santa Croce al Mercato e quella dei Santissimi Apostoli -; il mantenimento del cimitero del Pianto; le esequie e le celebrazioni di messe per le anime degli ascritti defunti.

L’ente Stabilimento di Santa Maria Vertecoeli operò nella città di Napoli per oltre trecento anni, fino all’emanazione della legge Regione Campania 11 novembre 1980, n. 65 che, in osservanza al disposto della legge 22 luglio 1975 n. 382 e del D.P.R. 24 luglio 1977, stabiliva la soppressione di tutte le opere di Assistenza e Beneficenza e il passaggio agli enti territoriali di tutti i relativi rapporti giuridico-patrimoniali. Proprietà, funzioni e personale del Santa Maria Vertecoeli (escluso l’Istituto Ortofrenico Michele Sciuti che attualmente continua la sua attività come presidio sanitario di neuropsichiatria infantile dell’ASL Napoli 1, Distretto Sanitario 48) erano trasferiti, così, al Comune di Napoli; in tal modo si poneva termine alla secolare opera di un ente assistenziale che, seppur non tra i maggiori, aveva largamente contribuito in città al sollievo delle categorie sociali disagiate.

Immagini di esempio trovate sul web

FONTE TESTI:

Comune di Napoli Archivio Storico Municipale

Sezione Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficenza (II.P.A.B.)